La nostra gioia è camminare nella luce del signore

Arriva la primavera, le giornate diventano più lunghe e luminose. La presenza della luce per un periodo più prolungato porta gioia nel cuore a differenza del buio, delle tenebre, che generano angoscia e tristezza.
Nella tradizione biblica e in tutte le culture, a co-minciare da quelle più antiche, la luce è il simbolo emblematico del divino mentre le tenebre sono il simbolo del peccato, dell’uomo lontano da Dio. Dio è luce, in lui non ci sono tenebre. Luce e tenebre si escludono a vicenda.
Giovanni nel prologo del suo Vangelo afferma che il Figlio di Dio si è incarnato per illuminare tutto l’umano e condurlo alla pienezza: “veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9). Cristo è la luce, nella quale l’uomo pro-gressivamente ritrova se stesso perché questa luce squarcia le tenebre presenti nel suo cammino.
L’uomo facendosi rivestire dalla luce che viene dall’alto riesce a scoprire se stesso, riesce a dare un senso alla sua vita, riesce a vincere le tenebre del peccato per questo il salmo 35 (v. 10) afferma: “E’ in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce”.
Abbiamo bisogno di essere illuminati dalla luce che viene da Dio e di accogliere questa luce.
L’esperienza della luce ricevuta e accolta è espe-rienza che genera un servizio verso gli altri, che spinge ad amare il prossimo secondo l’insegnamento di Gesù. L’uomo che accoglie la luce che viene da Dio esce dalla sua indifferenza, dalla sua autosufficienza, dal suo rinchiudersi in se stesso, dal presumere di essere verità a se stesso. Senza luce l’uomo non vive mentre con la luce l’uomo lentamente cammina nella sua storia, si proietta in avanti, si mette in ricerca.
L’uomo, se non si lascia illuminare da Dio, sa che il suo pensiero può diventare deviante, ma nel momento in cui si riveste della potenza di Dio incomincia a pensare secondo Dio. Spesso non riusciamo ad accogliere il mistero del vero perché abbiamo troppe chiusure interiori, abbiamo troppe esperienze alle quali rimaniamo legati come al senso della vita e non riusciamo a lasciarci illuminare da quella parola misteriosa che è l’abito di Dio. Se acconsentiamo di lasciarci condurre dal Signore Gesù, impariamo a leggere tutto alla luce del suo volto. Che è proprio ciò che ci manca abituati come siamo a misurare tutto a partire dalla nostra prospettiva troppo angusta e dal fiato corto. Dobbiamo allora alzare lo sguardo al Signore e pregare così: “Alla tua luce, Signore, vediamo la luce”. Vedere la luce, attraverso la luce del Signore si-gnifica che impariamo a:
– scorgere la vita non come un insieme scri-teriato di eventi ma come quella realtà che pur tra mille contraddizioni attesta continuamente che Dio è fedele alla promessa;
– intravedere come nulla sia materiale di scarto anzi, proprio ciò che volentieri rimuoveremmo, il Signore lo usa come pietra angolare;
– vedere gli altri, con cui talvolta facciamo fatica a camminare, come l’occasione pro-pizia a noi offerta dalla grazia del Signore, per imparare a compiere quel passo in più che altrimenti ci sarebbe precluso;
– considerare le zone d’ombra come il punto da cui impariamo a gustare la grazia della luce;
– ricomporre le contraddizioni e le ferite divengono il canale mediante il quale giunge a noi il flusso rigenerante della misericordia di Dio; – scoprire che non è dato fermare il tem-po: è necessario, piuttosto, riprendere il cammino nonostante le insidie e la fatica del viaggio;
– non rimuovere dal nostro sguardo lo scandalo della croce e ad assumerlo fino in fondo nella certezza che esso è già caparra di una nuova fecondità;
– stare nella vita come c’è stato il Figlio di Dio con uno stile di obbedienza.
La luce di Dio, in estrema sintesi, ci dà la capacità di leggere il reale oltre il mero accadere. È il codice che ci permette di interpretare la vita e ci evita di collezionare momenti, stati d’animo, esperienze senza riuscire a cogliere fino in fondo la loro valenza per il nostro cammino di uomini e di credenti. La nostra gioia è allora quella di camminare nella luce del Signore.
Diacono Luciano Di Buò